| | All'anagrafe: Mariangela Melato |
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Etą alla morte: 71 anni | Data di nascita: 18/09/1941 | Segno Zodiacale: Vergine | Luogo di nascita: Milano, Italia | Data di morte: 11/01/2013 | Luogo di morte: Roma, Italia |
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| Attrice. Mentre fa la vetrinista alla Rinascente e studia pittura a Brera, entra nella scuola di recitazione di Esperia Speroni. Il teatro è la sua prima grande passione: l'esordio come attrice avviene allo Stabile di Bolzano con "Binario cieco" di L. Terron, regia di Fantasio Piccoli. Intorno alla metà degli anni Sessanta, lavora ad alcune messe in scena prodotte dagli Stabili di Trieste e di L'Aquila (con Dario Fo in "Settimo non rubare", e testi di Camus, Sartre, Goldoni). Nel 1968 è diretta da Luchino Visconti per "La Monaca di Monza" e da Luca Ronconi per "I lunatici" e "Orlando Furioso". L'anno successivo segna l'incontro con il cinema e la televisione. Dopo un piccolo ruolo in un episodio di "Contestazione generale" di Luigi Zampa, lavora in "Thomas", secondo film di Pupi Avati, tanto curioso quanto sfortunato (distribuzione di nicchia, uscita regolare solo nel 1983). Nel decennio cinematografico dei Settanta, (caotico, affollato, confuso tra un elitario cinema d'autore e quello di 'genere', popolare e di largo consumo), si accosta alla commedia italiana, con titoli quali "Basta guardarla" di Luciano Salce e "Il prete sposato" di Marco Vicario (entrambi 1970), mostrando grande duttilità e scioltezza interpretativa. La partecipazione al film d'esordio di Nino Manfredi "Per grazia ricevuta"(1971) , storia grottesco/amara con echi autobiografici del ciociaro, amplia il ventaglio delle sue capacità. In effetti da lì e per il resto del decennio, la Melato interpreta oltre venti film, coprendo tutta la gamma delle sfumature attoriali. Quella che le regala più soddisfazioni in termini di popolaritàè certamente la trilogia diretta da Lina Wertmüller: "Mimì metallurgico ferito nell'onore"(1972), "Film d'amore e d'anarchia"(1973), "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto"(1974). Ma non possono essere trascurate altre prove che confermano la sua estrema versatilità: lavora infatti con Elio Petri ("La classe operaia va in paradiso", 1970; e "Todo Modo", 1976), con Florestano Vancini ("La violenza quinto potere", 1972), con Vittorio De Sica ("Lo chiameremo Andrea", 1972), con Franco Brusati ("Dimenticare Venezia", 1979). Mentre sul versante della commedia, la chiamano Mario Monicelli ("Caro Michele", 1976), Luigi Comencini ("Il gatto", 1977), e lavora in due occasioni con il versatile Steno (nel drammatico "La polizia ringrazia", 1972, che inaugura il filone 'poliziottesco'; e in "La poliziotta", 1974, ritratto di provincia tra scandali, compromessi e femminismo incalzante, anch'esso destinato ad alimentare un 'sottogenere'). Gli anni Ottanta si aprono al cinema con il ruolo della donna magistrato in "Oggetti smarriti" di Giuseppe Bertolucci (1980), fotografia nitida e mai compiaciuta di un'Italia smarrita e incapace di decisioni. Arriva per lei il momento di tentare il salto nel cinema americano. I due tentativi ("Flash Gordon" di Mike Hodges, 1980; "Jeans dagli occhi rosa" di Andrew Bergman, 1981) non sono coronati da grande successo ma rafforzano esperienze e capacità dialettiche. Il suo eclettismo si conferma: passa da "Il buon soldato" di Franco Brusati (1982) a "Domani si balla" di Maurizio Nichetti (1982), da "Il petomane" di Festa Campanile (1983) a "Segreti segreti" di Giuseppe Bertolucci (1985). E' sul set ancora con la Wertmüller ("Notte d'estate con profilo greco...", 1986), con Sergio Citti ("Mortacci", 1989). Dopo essere stata diretta nei Novanta da Cristina Comencini, Mario Monicelli, Maurizio Zaccaro, nel Duemila è nel cast di "L'amore ritorna" di Sergio Rubini . Negli oltre cinquanta film girati per il grande schermo, ha composto una galleria di ritratti tanto ampia e variegata quanto precisa e credibile: snob, intellettuale, proletaria, giornalista, professionista calata nelle cento sfaccettature, nelle trappole e nelle seduzioni di almeno quarant'anni di vita italiana. Carriera ricca, densa, intensa, se è vero che negli interstizi tra un film e l'altro, e con alcuni sceneggiati televisivi, ha calcato i teatri italiani, lasciando impronte non facilmente cancellabili: nel repertorio greco classico (memorabile la "Medea") in quello dialettale milanese ("El nost Milan" tra Bertolazzi e Strehler), in Pirandello (di lacerante verità il ruolo di Ersilia Drei nel pirandelliano "Vestire gli ignudi"). Capace negli ultimi anni di cimentarsi nell'one woman show, tra canzoni e intrattenimento. Senza dubbio un a grande attrice italiana, completa e senza pregiudizi. Malata da tempo, si spegne all'età di 71 anni nel Centro Antea per malati terminali all'interno del Complesso S. Maria della Pietà di Roma. | |
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