Tim Roth (vero nome Timothy Simon Smith) nasce a Londra nel 1961 da madre pittrice e insegnante, e padre pittore e giornalista, militante comunista fino agli anni Settanta. Da ragazzo si iscrive al Camberwell College of Art con l'intezione di diventare scultore, ma il destino gli metterà presto davanti la strada della recitazione, peraltro percorsa molto rapidamente.
La sua prima apparizione risale al 1983, nel violento tv movie Made in Britain, dov'è un giovane naziskin. La qualità della sua performance gli apre le porte del nuovo cinema inglese del periodo, lavorando con grandi nomi come Mike Leigh (in Meantime, 1983) e Stephen Frears (Vendetta, 1984). Si fa apprezzare in patria fino alla fine del decennio, culminato nella sua partecipazione allo stralunato Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante (1989) di Peter Greenaway. Gli anni Novanta rimarranno probabilmente per sempre l'apice della sua gloria. Comincia con una doppietta di rilievo: è Van Gogh in Vincent & Theo (1990) di Robert Altman, e soprattutto è Guildenstern in Rosencrantz e Guildenstern sono morti (1990) di Tom Stoppard, tratto da una sua piece. E' il trampolino di lancio internazionale per Roth, che viene immediatamente reclutato da un giovane cineasta americano.
Parliamo ovviamente di Quentin Tarantino, che lo consacra nell'immaginario cinematografico come Mr. Orange in Le iene (1992) e Pumpkin in Pulp Fiction (1994), ai quali segue il più sfortunato Four Rooms (1995), dove il fattorino interpretato da Tim è il trait d'union delle quattro storie raccontate.
Il suo ruolo più premiato non a caso prende forma in questi anni: è Archibald Cunningham nello storico Rob Roy (1995) con Liam Neeson, diretto da Michael Caton-Jones. La parte gli assicura un BAFTA come miglior attore non protagonista, con un interessante contorno di nomination ai Golden Globe e all'Oscar nella stessa categoria.
Negli anni rimanenti, oltre ad accettare un piccolo spiritoso ruolo nel musical improvvisato di Woody Allen Tutti dicono I Love You (1996), sale a bordo di un kolossal di Giuseppe Tornatore, basato su un monologo di Alessandro Baricco. Parliamo di La leggenda del pianista sull'oceano (1998), dove dona talento e presenza scenica al mitico pianista Novecento.
Il decennio si chiude col suo debutto alla regia, lo spietato Zona di guerra (1999) con Ray Wintsone, cruda storia d'incesto familiare che Roth si limita a dirigere.
Nella prima metà dei Duemila è un comprimario di lusso in diverse opere, tra le quali si segnalano Vatel (2000) di Roland Joffè, interpretato da Gérard Depardieu, il criticato Il pianeta delle scimmie (2001) di Tim Burton e l'affascinante Non bussare alla mia porta (2005) di Wim Wenders, dove aggiunge la sua imprevedibile follia a un racconto già stratificato e ricco. Nel 2007 torna protagonista in due lavori a bassa distribuzione: lo sperimentale (e per qualcuno insostenibile) Un'altra giovinezza di Francis Ford Coppola, e Funny Games, remake americano del crudo film di Michael Haneke, diretto sempre da quest'ultimo.
Il suo tentativo di lanciarsi nel mercato dei cinecomic non ottiene il successo sperato, impelagandosi in uno dei lungometraggi più criticati del filone: L'incredibile Hulk (2008) di Louis Leterrier, dov'è l'antagonista di Bruce Banner alias Edward Norton.
Nel 2014 ha vestito i panni del Principe Ranieri nel biopic dedicato a Grace Kelly, Grace di Monaco, interpretato da Nicole Kidman. E' stato anche l'aspro governatore dell'Alabama in Selma, sulla grande personalità storica di Martin Luther King.
Il 2015 lo vede tornare a fare squadra con altri attori feticcio del caro amico Quentin Tarantino, nel western The Hateful Eight.