Attrice. È la primogenita della relazione tra Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo, sorella maggiore dei celebri Eduardo e Peppino. Il padre è un famoso commediografo, e sua moglie Rosa De Filippo tollera il fatto che il marito abbia una seconda famiglia con la nipote Luisa, sarta della sua compagnia teatrale (è per questo che i tre fratelli attori saranno in seguito chiamati i "figli del bottone"). Titina, figlia d'arte, esordisce come attrice teatrale piccolissima, nel 1905, interpretando al teatro Valle di Roma il personaggio maschile di Peppiniello in "Miseria e nobiltà", commedia scritta in napoletano da Eduardo Scarpetta nel 1887. È considerata la più importante attrice del teatro partenopeo moderno. Esordisce al cinema solo nel 1937 in "Sono stato io" di Raffaello Matarazzo, dove recita al fianco dei fratelli. I ruoli che interpreta sullo schermo spesso non riescono a valorizzare le grandi capacità recitative e la sua intensità come attrice drammatica che emergono sul palcoscenico teatrale. Negli anni successivi è nel cast di diversi film comici, fra i quali "Frenesia"(1939) di Mario Bonnard e "San Giovanni decollato"(1940) di Amleto Palermi, in cui compare anche Totò in uno dei suoi primi ruoli cinematografici. Nel dopoguerra, recita nelle trasposizioni per il grande schermo delle opere teatrali del fratello Eduardo, che lui stesso dirige: "Napoli milionaria"(1950), "Marito e moglie"(1952) e soprattutto "Filumena Marturano"(1951), nel quale interpreta la parte principale. Nel 1948 recita accanto ad Anna Magnani in "Assunta Spina" di Mario Mattoli, film tratto dall'opera teatrale di Salvatore di Giacomo con sceneggiatura di Eduardo De Filippo: Titina De Filippo porta sullo schermo un intenso ruolo drammatico, un'eccezione nella sua carriera cinematografica. In "Totò, Peppino e i fuorilegge"(1956) di Camillo Mastrocinque offre una delle sue interpretazioni considerate più divertenti nei panni della tirannica e taccagna moglie di Totò. Afflitta da stenosi mitralica, è costretta a ritirarsi dalle scene teatrali, continuando però a recitare al cinema e dedicandosi ad altre attività. Come pittrice vede le sue opere in mostra a Parigi nel 1954, dove incassa i complimenti di Jean Cocteau; si candida al senato come indipendente tra le fila della Democrazia Cristiana. Ma nel cinema non è stata solo attrice: nel 1952 si aggiudica insieme a Renato Castellani e Ettore Maria Margadonna il Nastro d'Argento alla migliore sceneggiatura per il film "Due soldi di speranza", vincitore anche del Gran Premio della Giuria al festival di Cannes. L'anno dopo la sua morte, nel 1964, Vittorio De Sica le fa una dedica nei titoli di testa del film "Matrimonio all'italiana", nuova trasposizione sul grande schermo di "Filomena Marturano".