| | All'anagrafe: David Keith Lynch |
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Etą: 78 anni | Data di nascita: 20/01/1946 | Segno Zodiacale: Capricorno | Luogo di nascita: Missoula, Montana, USA | | |
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| David Keith Lynch nasce nella
cittadina di Missoula, nel Montana, nel 1946. Figlio di un ingegnere agronomo che si sposta spesso per
lavoro, il piccolo David ha modo di fare esperienza dei posti più sperduti dell'America (traendone
probabilmente ispirazione per la futura Twin Peaks), ma anche di grandi città come
Washington e Boston, dove inizia gli studi di Belle arti, che termina a Philadelphia. Tra il 1960 e il 1970,
dopo il corto animato Six Men Getting Sick, realizza due cortometraggi
sperimentali con tecnica mista di animazione e live action: The Alphabet
, che gli vale l’ammissione al Centre for Advanced Arts dell’American Film Institute, e
The Grandmother.
Per la difficoltà di finanziarlo mpiega poi 5 anni, tra il 1972 e il 1977, a realizzare il suo primo
lungometraggio, con l’amico ed attore feticcio Jack Nance. Eraserhead esce nel 1978 nel circuito dei Midnight
Movies di Ben Barenholz ed è surreale fin dal titolo: realizzato in
bianco e nero è un incubo sulla paternità al tempo stesso disgustoso, divertente, ipnotico e
appiccicoso come un sogno dalle cui sensazioni non riusciamo a liberarci.
Mel Brooks lo vede, se ne innamora, e gli affida la regia di una sua
produzione. Elephant Man, il film che lo promuove ad autore
“commerciale” e che ottiene ben 8 candidature agli Oscar, per Lynch la prima di tre
mai concretizzate. Quest’opera ancora in bianco e nero - che racconta la tragica storia del deforme John
Merrick, vissuto in epoca vittoriana e riscattato da una vita da freak da un medico al tempo stesso
animato da buone intenzioni e da curiosità scientifica - conferma la fascinazione per la deformità, lo
sguardo anomalo e l’estrema sensibilità di un cineasta che è già in grado di manovrare a
piacimento i fili della commozione, giostrando da vero maestro con i toni del melodramma.
Promosso al mainstream, Lynch rifiuta la regia de Il
ritorno dello Jedi e realizza invece per Dino De Laurentiis il
mastodontico e pasticciato Dune – grazie al quale conosce il suo alter ego attoriale,
Kyle McLachlan - e il personalissimo Velluto
blu, di cui il produttore, tenendo fede a una promessa, gli concede il finale cut. Se
Gian Luigi Rondi rifiuta di presentarlo alla mostra del cinema di Venezia per i
nudi di Isabella Rossellini, a suo dire irrispettosi della memoria della
madre Ingrid Bergman, all’estero il film è un grande successo critico e porta a
Lynch la seconda candidatura all’Oscar.
Nel 1990 è la volta del bizzarro Cuore selvaggio, dal romanzo di
Barry Gifford, contestata Palma d’oro a Cannes, e del serial tv scritto
con Mark Frost, Twin Peaks, che diventa subito un
fenomeno di culto mondiale, vero e proprio apripista di tutta la serialità moderna di genere fantastico.
Lynch lo scrive, lo dirige e vi appare come attore nei panni dell'agente duro d'orecchio
Gordon Cole. Dopo 29 episodi la serie finisce irrisolta e in calo progressivo di audience, ma due anni dopo
Lynch gli dà un prequel cinematografico,
Fuoco cammina con me, prodotto con capitali francesi.
Dopo il noir Strade perdute (scritto ancora assieme a Barry
Gifford) che il regista definisce “un noir dell’orrore del ventunesimo secolo”, con la sua storia di
doppi e metamorfosi, prende una boccata d’aria nel 1999 con un film più classico, Una
storia vera, singolare e fordiano road movie a bordo di un trattore, interpretato dal
veterano Richard Farnsworth: nel film per una volta la torta di mele è
profumata e fragrante e i prati verdi non nascondono insetti in lotta tra di loro o orecchie mozzate. Dopo
questa bella parentesi si appresta a tornare al serial tv con una storia ambientata a Hollywood la
cui idea di partenza, come d’abitudine, è un’immagine vista con gli occhi della mente:
quella del cartello con la scritta Mulholland Drive, illuminato dai fari di un’auto nella notte. E’
la tortuosa strada della città del cinema, dove tutto può accadere e tutto accade (era già apparsa in
Strade perdute, sfondo di un terribile incidente d’auto, un altro dei suoi motivi
ricorrenti). Da lì prende il via la storia di due donne, una bruna misteriosa preda di amnesia e una bionda
piena di entusiasmo, venuta dalla provincia a tentare la strada del cinema. In un gioco di specchi e
scatole cinesi Mulholland Drive offre il ritratto di una città, e di un mondo in
cui niente è quel che sembra. Il film gli regala la terza candidatura all’Oscar e il premio per la regia (ex-
aequo con Joel Coen) al festival di Cannes.
E' infine del 2006 il suo ultimo film, il lunghissimo e farraginoso Inland
Empire, presentato alla Mostra del cinema di
Venezia nell’anno in cui riceve il Leone d’Oro alla carriera:
una summa delle sue ossessioni e un esperimento con linguaggi diversi e
la libertà concessa dal formato digitale. Da allora e per 10 anni, "solo" cortometraggi,
documentari, mostre, sculture e quadri, foto, musica e tanta meditazione. Non resta che aspettare
il suo nuovo regalo, perché lo sguardo di David Lynch è sempre proiettato in
avanti, anche quando, come nel caso di Twin Peaks, torna sul luogo dei suoi splendidi
delitti.
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