| TRAMA: Secondo le previsioni del futuro all'inizio del terzo millennio vi saranno sfratti senza fine, la gente dormirà sotto i ponti e, là dove mancano, in strada; i musicanti delle "band" andranno a provare il repertorio chi sa dove e la loro musica sarà bandita. Questo già accade a Torino, dove nonna Eveline e un gruppetto di ragazzi (la mulatta figlia adottiva-vocalista della band, con tre giapponesi e due tecnici) - i Cous Cous - vengono sfrattati su richiesta di condomini che non riescono a dormire per le prove notturne, oltre a Edo, un fumatore accanito e sempre insonne. Costoro tentano invano di essere ospitati in albergucci occupati da altri maniaci e svitati; spronano Eveline a farsi dare dai suoi parenti (madre isterica e fratello scemo, che rifiutano ogni ospitalità) il recapito di un altro fratello - Frankie - mai più visto da quindici anni. Costui, ridottosi a vivere in una baracca di campagna e a suonare fin dall'alba alla porta delle chiese, è un anziano trombonista, però generoso, che accoglie i Cous Cous. Ma ecco che arrivano ruspe e bulldozer e anche Frankie a causa di un'autostrada in costruzione, viene sfrattato. Di passaggio sotto un ponte, i ragazzi, la nonna e Frankie ascoltano una grossa band che suona un pezzo di Glenn Miller. Poi la nonna dalla sempre fertile inventiva si mette in contatto con Isaia, antico amore di gioventù, diventato uomo danaroso, nel bel mezzo di un festino riservato ai "Vip" in un lussuoso hotel. Isaia si aggrega ai Cous Cous: ha ancora la madre (ricchissima proprietaria immobiliare), ne occupa con i giovani un edificio abbandonato e, nella notte, sul tetto Isaia e Frankie fanno un bel duo a suon di musica. Sfrattati e ostracizzati da una società (che tuttavia anche loro hanno contribuito ad assorbire), avvelenata dalla incessante pressione dei suoni che la intontiscono con radio e televisione, i Cous Cous hanno trovato un loro piccolo territorio dove essere liberi. Dopo giorni e giorni di vita randagia, anche l'amico Edo - nonostante sigarette, caffè e veglie forzate - è finalmente riuscito a chiudere gli occhi all'alba, sul lastrico solare di quell'immobile abbandonato dalla gente. |
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