| | All'anagrafe: Terence Steven McQueen |
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Etą alla morte: 49 anni | Data di nascita: 24/03/1930 | Segno Zodiacale: Ariete | Luogo di nascita: Beech Grove, Indiana (USA) | Data di morte: 07/11/1980 | Luogo di morte: Juarez, Messico (USA) |
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| Beech Grove, dov’è nato il 24 marzo del 1930, è un sobborgo di Indianapolis, la capitale statunitense delle corse automobilistiche. I motori, in qualche modo, Steve McQueen li ha allora avuti nel sangue, così come l’istinto per la ribellione contro ogni forma di imposizione e autorità.
Una “vita spericolata” l’attore soprannominato The King of Cool l’ha vissuta fin da piccolo: figlio nato da una relazione passeggera tra uno stunt-man che se la darà a gambe dopo la sua nascita e una donna con problemi di alcolismo e occasionalmente dedita alla prostituizione, passerà l’infanzia tra la casa dei nonni e quella dello zio nel Missouri, per poi raggiungere la madre a Los Angeles dove per l’aspettava anche un patrigno che con lui non è stato né carino né tenero, per usare degli eufemismi. Così, a soli 9 anni, il piccolo Steve - peraltro anche dislessico e parzialmente sordo per via di un’infezione all’orecchio - si ritrova a scappare di casa per la prima volta, a fare vita di strada, a commettere piccoli reati. E allora via, di nuovo nel Missouri e poi di nuovo a Los Angeles, dove l’aspettavano un altro patrigno, altre botte e ancora la strada, le gang, i reati.
Dopo essersi unito a un circo per qualche tempo, McQueen a 15 anni, dopo l’ennesimo scontro con l’autorità e con i pugni del patrigno, viene spedito in un riformatorio, a Chino. Da lì proverà a fuggire varie volte, lì rimase per un anno e mezzo e lì si formò carattere e personalità: tanto che a Chino rimase sempre legato, e che una voltafuori decise di non rivedere più la madre e di andare a vivere per conto suo sbarcando il lunario con mille lavoretti e finendo poi con l’arruolarsi nei Marines, dove trascorse tre turbolenti anni.
Congedato con onore nel 1950, il 20enne Steve McQueen inizia a studiare recitazione, oltre che e a guadagnare dei soldi correndo in moto: la sua prima esperienza su un set fu quella di comparsa in un film da titolo Girl on the Run, del 1953, mentre nel 1955, lo stesso anno in cui venne accettato all’Actor’s Studio, appare in alcune serie tv e debutta a Broadway.
Nel 1956, dopo un flirt con Mae West, sposa la fidanzata Neile Adams, la prima delle sue tre mogli e una delle sue tante donne, dalla quale divorzierà nel 1972 dopo aver avuto da lei due figli; e nello stesso anno, per ironia della sorte, appare nel Lassù qualcuno mi ama che vede protagonista quello che sarà il suo grande rivale a Hollywood: Paul Newman.
Divenuto celebre grazie alla serie western Tales of Wells Fargo, ottiene nel 1958 il suo primo ruolo da protagonista nel famoso b-movie Blob - Fluido mortale, e nel 1960 arriva il primo di tanti ruoli diventati leggendari: quello di Vin ne I magnifici sette. E con il film di John Sturges cominciarono anche le leggende sul carattere ruvido e irascibile di McQueen, e delle sue rivalità con gli altri attori.
In qualche modo, Steve McQueen è già un mito, anche se film come La grande fuga, Cincinnati Kid, Quelli della San Pablo, Il caso Thomas Crown e Bullitt sono ancora là da venire nel corso del decennio appena iniziato. L’irregolare attore, carismatico e anarchico e costantemente contro l’establishment diventa un simbolo degli anni Sessanta, che chiude rifiutandosi di recitare con l’odiato Newman in Butch Cassidy e scampando per caso, grazie a una ragazza appena conosciuta, alla strage in casa Polanski che costò la vita a Sharon Tate e ai suoi ospiti.
Dopo aver dato sfogo alla sua passione per le auto e le corse ne Le 24 ore di Le Mans, Steve McQueen all’inizio degli anni Settanta stringe alcuni importantissimi legami: quello con Sam Peckinpah, che lo dirige ne L’ultimo buscadero e in Getaway!; quello con la sua compagna di set proprio in Getaway!, Ali McGraw, che sposerà nel 1973 e con la quale ebbe 5 anni di tumultuosa e appassionata relazione; quello con Chuck Norris e Bruce Lee, del quale fu allievo e amico al punto da essere stato uno di quelli che ne portarono in spalla la sua bara al funerale.
Ci sono stati poi titoli come Papillon e L’inferno di cristallo, che lo vedeva finalmente faccia a faccia con Newman, un volontario allontanamento dai set che significò rifiuti di film come Qualcuno volò sul nido del cuculo e Incontri ravvicinati del terzo tipo, e purtroppo, nel 1979, anche la diagnosi di un tumore al polmone che lo portò alla morte nel giro di pochi mesi, nonostante la fuga in Messico con la terza moglie, la giovane modella Barbara Minty, e i tentativi di affidarsi a cure alternative.
Steve McQueen non potè così mai coronare il sogno d’interpretare Rambo sul grande schermo, come pensava di fare da quando aveva letto il romanzo di David Morell, e non concretizzò mai progetti poi diventati film come La guardia del corpo o Carabina Quigley.
Lasciò alle spalle una sterminata collezione di auto e moto, il ricordo di un grande e ruvido talento e gesti di generosità quasi sempre passati sotto silenzio o mascherati da altro: come quando durante la lavorazione di un film pretese la fornitura di numerosi rasoi elettrici e jeans, che poi spedì in segreto ai ragazzi di Chino, la struttura alla quale rimase sempre legato e che oggi gli dedica un padiglione.
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