| | All'anagrafe: Luchino Visconti |
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Etą alla morte: 69 anni | Data di nascita: 02/11/1906 | Segno Zodiacale: Scorpione | Luogo di nascita: MILANO (Italia) | Data di morte: 17/03/1976 | Luogo di morte: ROMA (Italia) |
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| Regista e sceneggiatore. Nasce nel privilegiato ambiente dell'aristocrazia milanese. Suo padre Giuseppe è un discendente dei Visconti di Modrone e sua madre è Carla Erba (della celebre famiglia di industriali della chimica e farmaceutica). Sin da bambino si appassiona al teatro, alla musica e alle arti in genere, frequentando con i genitori la Scala di Milano (di cui i suoi avi sono stati soci fondatori) e leggendo assiduamente la letteratura classica europea. Finito il servizio militare, si dedica all'allevamento di cavalli purosangue e viaggia molto. A metà degli anni '30 inizia ad interessarsi al cinema - nel '34 gira un film amatoriale in 35mm che resterà incompiuto - e a Parigi entra in contatto con Jean Cocteau, Coco Chanel, Kurt Weill e sopratutto con il regista Jean Renoir. Con il regista francese fa la sua esperienza come aiuto regista con i film "La scampagnata" (1936) e "Tosca" (1941, girato in Italia, venne iniziato da Renoir ma fu terminato da Visconti e Carl Koch a causa dello scoppio della guerra). Il contatto con i membri della troupe, oltre a fornirgli un bagaglio di conoscenze tecniche nei vari campi che saranno fondamentali nel corso della sua carriera di regista, esercitano una forte influenza sulle sue scelte politiche poiché molti di loro sono legati al Front Populaire e al partito comunista francese. Il suo impegno politico si rafforza quando a Roma entra in contatto con il gruppo antifascista della rivista 'Cinema', di cui fanno parte intellettuali come Giuseppe De Santis, Mario Alicata e Gianni Puccini. Con loro pone le basi per il movimento cinematografico del neo-realismo, realizzando il suo primo lungometraggio "Ossessione" (1943). Durante la guerra partecipa alla Resistenza - viene anche fatto prigioniero e torturato - e alla fine del conflitto realizza il documentario "Giorni di gloria" (1945), rievocazione dell'oppressione nazifascista dalle tristi giornate del settembre '43 alla liberazione del Nord Italia. Da questo momento la sua carriera si divide tra cinema - "La terra trema" (1948, Premio internazionale per valori stilistici e corali alla Mostra del Cinema di Venezia), "Bellissima" (1951, Nastro d'argento per Anna Magnani come miglior attrice), "Senso" (1954, snobbato dalla critica riscuote grande successo di pubblico) - e teatro, dove rinnova completamente i criteri di regia e la scelta dei repertori utilizzando spesso, soprattutto all'inizio, testi di autori estranei ai teatri italiani fino a quel momento come Jean Cocteau ("Parenti terribili", "La macchina da scrivere"), Jean Paul Sartre ("A porte chiuse"), Tennessee Williams ("Zoo di vetro" e "Un tram che si chiama desiderio"), Arthur Miller ("Morte di un commesso viaggiatore", "Il crogiuolo", "Uno sguardo dal ponte", "Après la chute"). A metà degli anni '50 rivolge la sua attenzione al melodramma e alla lirica, torna alla Scala e allestisce cinque spettacoli interpretati da Maria Callas che segnano la storia del genere: "La vestale", "La sonnambula", "La Traviata", "Anna Bolena" e "Ifigenia in Tauride". Nel 1960 realizza "Rocco e i suoi fratelli" (Premio della giuria a Venezia), accolto con successo dal pubblico nazionale e internazionale al pari di "Il Gattopardo" (1963, Palma d'oro a Cannes), mentre nel 1965 con "Vaghe stelle dell'orsa" vince il Leone d'oro a Venezia. Numerosi anche i premi ricevuti con la trilogia germanica: "La caduta degli dei" (1969) gli vale per la prima e unica candidatura all'Oscar (per la miglior sceneggiatura) e il Nastro d'argento per la miglior regia; con "Morte a Venezia" (1971) vince ancora il Nastro d'argento per la miglior regia e il David di Donatello nella stessa categoria; con "Ludwig" (1973) due David: miglior film e miglior regia. Alla fine delle riprese di quest'ultimo film viene colpito da un ictus che lo lascia semiparalizzato. Nonostante tutto continua a lavorare e porta sullo schermo "Gruppo di famiglia in un interno" (1975, miglior film ai David e sei nastri d'argento, tra cui quello per la | |
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