TRAMA: Navigatori, scrittori e pittori, hanno, fin dai tempi della sua scoperta, costruito il mito della felicità e dell'amore per le isole della Polinesia. In esse hanno cercato rifugio alcuni profughi del mondo occidentale, vecchi desiderosi di dimenticare o di venire dimenticati, giovani hippie che vivono in abulico stato semi-selvaggio. Gli indigeni hanno conservato alcune tradizioni ataviche, come la pesca alla tartaruga di mare e la caccia ai pescecani, assai numerosi nelle acque locali. Tra un'attività e l'altra, sembra che il ballo detto "tamuré" sia lo svago preferito mentre non mancano spettacoli di tipo sportivo, come le scommesse sulle corse dei granchi e sui combattimenti dei galli. Non insolite sono le scene di vita cristiana che vengono stranamente contraddette dal permanere, assai evidente, di pratiche superstiziose, dimostrate dai riti di magia e dal culto fallico. Anche la pesca ufficiale, compiuta in massa e secondo modalità antichissime, indica il permanere di uno spirito antico e di usanze a volte poetiche e a volte brutali, come l'uccisione del cane usato come cibo. Ma in effetti, tutto sommato, il suono del tradizionale "tamuré", il frenetico ballo a sfondo erotico, gli usi e costumi esibiti di fronte ai turisti non sono altro che uno scaltro sfruttamento d'un passato che sopravvive soltanto nella finzione.
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