| TRAMA: Tagrana Luigi è poco più di un nome, perché è registrato all'anagrafe, in realtà è un emarginato, un essere asociale, senza dimora fissa, senza un lavoro, se non quello di raccogliere vermi nei fossati della pianura milanese per ricavare qualcosa da vivere. E' perseguito dalla giustizia per maltrattamenti alla moglie per averla abbandonata incinta, per vagabondaggio. Ora lo troviamo in un sanatorio da cui fugge, ora in un carcere, ora in un ospedale, ora in una baracca, con una prostituta (Maria) di basso rango, un altro essere emarginato, sola come un cane, che riesce finalmente ad associare la sua triste solitudine alla solitudine del Vermisat. Ma ecco che anche la raccolta dei vermi gli è impedita sia dai contadini che lo considerano un ladro, sia dalle acque inquinate sia dai vermi stessi, che, quando vanno in amore, si rifugiano in profondità. Così Vermisat deve arrangiarsi a cercarli di notte e si prende una brutta polmonite. Ricoverato all'ospedale è convinto che le medicine non servono che a fargli male e le getta via; i medici vogliono solo liberarsi di lui per spedirlo sotto terra più in fretta possibile. La sua fiducia è in uno sgualcito libercolo, ove trova una mescolanza di credenze superstiziose, di astrologia, di ricette popolari che per Vermisat sono l'unico credo, infallibile più del Vangelo. Si riduce allora a estrarsi del sangue per venderlo a un ciarlatano (il Medicon), che gli fornisce le medicine "buone" e gli soffia anche la Maria, allontanandosi per sempre da Milano Vermisat è così di nuovo solo, peggio di un cane senza padrone, e finirà di nuovo in un Istituto di ricovero, come un vuoto nome, mai come una persona umana, perché non può essere come un altro uomo. |
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