Critico cinematografico e sceneggiatore. Sin da adolescente si appassiona al cinema e dimostra la sua propensione per il giornalismo, intrattenendo una fitta corrispondenza con le riviste «Cinema» e «Film». Soltanto nel 1946, però, decide di trasformare la sua passione in professione e inizia a collaborare prima con il settimanale «Caleidoscopio», poi con Radio Trieste per la quale segue la Mostra del Cinema di Venezia. Nel 1950 inizia a scrivere per «Sipario», di cui sarà direttore dal 1971 al 1974, e nel 1954 diventa il redattore capo di «Cinema Nuovo». Nel frattempo, nel 1950, Tullio ha sperimentato la vita sul set partecipando, in veste di segretario di produzione, a "Cuori senza frontiere" di Luigi Zampa, in cui recita anche un piccolissimo ruolo insieme al compaesano Callisto Cosulich. Nel 1961 ripete l'esperienza di attore in "Il posto", diretto dal suo amico Ermanno Olmi, con cui fonda la "22 dicembre", società di produzione indipendente attiva fino al 1965. Alla fine degli anni '60 si trasferisce a Roma e approda alla direzione generale della Rai e, con il suo intervento, riesce a far produrre alla rete statale un film come "San Michele aveva un gallo" dei fratelli Taviani e la fiction "Sandokan", che si guadagna ben presto l'attenzione del pubblico. In quegli anni inizia anche la carriera di sceneggiatore con "I recuperanti"(1969) di Olmi, "Venga a prendere il caffè da noi"(1970) di Alberto Lattuada e "La leggenda del Santo Bevitore"(1988) ancora di Olmi, che gli varrà il Leone d'oro a Venezia. Saggista, critico cinematografico per «Panorama», «la Repubblica» e negli ultimi anni per il «Corriere della Sera», non rinuncia a effettuare delle incursioni sul palcoscenico firmando gli adattamenti teatrali di "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo e di "Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello e scrivendo nel 1998 "L'americano di San Giacomo", commedia integralmente in dialetto triestino. Muore all'età di 80 anni dopo una lunga malattia.